A Tradate i Pavoniani fanno 13 (novizi)

Arsene, 31 anni, burkinabé; Leonardo, 40 anni, brasiliano; Emanuel, 31 anni, nigeriano; Dominic, 27 anni, nigeriano; Francois, 49 anni, burkinabé sono 5 dei tredici novizi Figli di Maria Immacolata, meglio conosciuti come Pavoniani o Artigianelli, che a Tradate, da Settembre, hanno iniziato il percorso per diventare sacerdoti.

«Un percorso lungo e impegnativo», come spiega il maestro, padre Giorgio Grigioni, «perché, al termine di questo anno di noviziato, se ritenuti idonei dal superiore della loro provincia, potranno proseguire la formazione teologica che prevede per alcuni sei anni di studi, per altri quattro». Di fatto, se l’iter intrapreso da questi novizi si completerà nei tempi prestabiliti, la loro ordinazione presbiterale avverrà tra il 2028 e il 2030.

In un tempo così povero di vocazioni, frutto di una devastante secolarizzazione, c’è da stupirsi come una congregazione che conta solo duecento religiosi stia accogliendo nei propri noviziati venti candidati al sacerdozio: 13 a Tradate, 3 nelle Filippine e 4 in Colombia.

C’è da porsi più d’un interrogativo sul fatto che mentre l’Europa si allontana sempre più da Dio, la fede fiorisca altrove, in particolare in Africa e in America Latina.

Il cappuccino Walbert Buhlmann, nel suo libro “La terza Chiesa alle porte”, fin dal 1974 aveva intuito che, non solo per la forza dei numeri, ma in virtù della sua fedeltà a Cristo, il baricentro del cattolicesimo si sarebbe spostato in altri Paesi fuori dal Vecchio Continente.

Cosi, oggi, i Pavoniani aprono la porta a giovani del Brasile (230 milioni di abitanti), delle Filippine (115 milioni) e persino della Nigeria (215 milioni) dove, tra altro, non hanno neppure una casa o un presidio.

Confida infatti Dominic che, come i suoi due fratelli nigeriani, al mondo pavoniano s’è avvicinato navigando in rete. Dice: «Solo qui a Tradate, ho cominciato a vivere un’esperienza comunitaria con i religiosi perché nel mio Paese non sono presenti».

Ristora il cuore sentire giovani, seppur anagraficamente maturi, anteporre l’appellativo “fratello” prima del nome proprio quando dialogano tra loro.

In una società involgarita e chiassosa ritempra vedere i volti sereni di questi novizi e ancor più la loro pacatezza nel misurare le parole per esprimere i loro convinti propositi di «mettersi al servizio degli altri per seguire il Signore».

Arsene tiene a sottolineare come il suo cuore si sia colmato di gioia «quando, nel Centro Effatà per l’assistenza agli audiolesi realizzato dsai Pavoniani a Saaba (Burkina Faso), ho potuto occuparmi di tanti ragazzi dai 7 ai 15 anni. Lì, inoltre, ho constatato quello che fanno i religiosi e ho maturato il desiderio di diventare come loro. Consacrare la mia vita a Dio e agli altri è la strada che intendo intraprendere». Gli fa eco Emanuel: «Anch’io, come mio fratello Arsene, voglio mettermi al servizio dei poveri e dei ragazzi meno fortunati, magari, spero, nella prima comunità che i Pavoniani sembrerebbero intenzionati ad aprire nel mio Paese, la Nigeria».

Convinte anche le parole di Leonardo che afferma: «È importante approfondire la storia e il pensiero del fondatore, Lodovico Pavoni (1784-1849), come faremo quest’anno, ma fondamentale sarà vivere l’esperienza che ne traduce l’opera. Cioè vivere il carisma pavoniano, qui a Tradate».

«Fino a Settembre 2014, quando consegnerò ai padri provinciali la relazione relativa ad ogni singolo novizio», è ancora padre Giorgio che parla, «la formazione si svilupperà lungo tre direttrici: crescita spirituale, conoscenza degli statuti della congregazione e di alcuni documenti della Chiesa, lavoro manuale. Il tutto in un clima di fraternità che sviluppi solidi rapporti di amicizia».

Il Maestro tiene a precisare che l’obiettivo del Noviziato è di onorare il carisma dettato dal Fondatore, il quale – detto in estrema sintesi – esortava ad essere «buoni cristiani, onesti cittadini e valenti lavoratori».

Tre aspetti, questi, che sembrano perfettamente riassunti nell’esperienza di cui Francois dà testimonianza. Aiutato a tradurre il suo pensiero dal fratello novizio che gli siede accanto, egli racconta di avere frequentato, in passato, una comunità di francescani cappuccini con i quali ha lavorato in una tenuta di 37 ettari orientati alla produzione di diverse piante, tra le quali, manioca, anacardi, banano, dattero e mango.

«Con il reddito percepito dal mio lavoro insieme a quello di un amico», rivela, «siamo riusciti a sostenere, per diversi anni, una cinquantina di orfani. Io stesso sono orfano e so quanto sia difficile la vita senza genitori. Ecco perché, se diventerò religioso pavoniano, il mio impegno sarà verso i bambini abbandonati, senza mamma e papà. Gesù ha avuto un’attenzione particolare per i piccoli», sottolinea con ferma convinzione, «e ha detto che “il regno dei cieli è di chi è come loro”».

In auto, lungo la via del ritorno, ci torna alla mente l’immagine dei tredici novizi che, seduti attorno ad un lungo tavolo, con rispettosa compostezza attendono le indicazione del Maestro. Chissà, ci chiediamo, quanti di loro arriveranno a celebrare la prima Messa? Chissà se, tra qualche anno, ci saranno sufficienti operai per lavorare nella vigna del Signore? Giunti in redazione, apriamo il Vangelo e troviamo la risposta: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno”. (Lc 12,32).

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